giovedì 25 aprile 2019

Segnalazione: "Il bravo ragazzo" di Dean Koontz



 
TITOLO: Il bravo ragazzo
AUTORE: Dean Koontz
GENERE: Thriller
CASA EDITRICE: Sperling & Kupfer

TRAMA
È una sera come tante. Dopo il lavoro Timothy Carrier entra nel solito bar. Sta bevendo una birra quando uno sconosciuto lo avvicina con aria circospetta e gli consegna una busta. Dentro ci sono diecimila dollari, la foto di una bella donna e il suo indirizzo. Dev'esserci un equivoco. Ma prima che Tim possa ribattere lo sconosciuto si dilegua.
Poco dopo un altro cliente gli si siede accanto, fissando la busta. All'improvviso tutto diventa drammaticamente chiaro: Tim ha ricevuto per sbaglio l'incarico di uccidere la donna.
Quello di fianco a lui è il vero killer, che ora lo sta scambiando per il mandante. Reagendo prontamente al beffardo scherzo del destino, Tim gli dice di aver cambiato idea: toglie dalla busta la foto e invita il sicario a tenere il contante "per il disturbo". L'uomo accetta e se ne va, ma Tim sa che l'errore verrà presto scoperto.
La vittima designata ha le ore contate e lui è l'unico che può salvarla. Inizia così una disperata corsa contro il tempo che stravolgerà la sua esistenza - di normale bravo ragazzo - costringendolo a trovare il coraggio per mettere a rischio la propria vita e diventare, suo malgrado, un eroe.

ESTRATTO
Forse la taverna gli era di così grande conforto perché rappresentava, se non la permanenza, almeno la continuità. In un mondo che si andava trasformando rapidamente e incessantemente, la Lamplighter resisteva anche al cambiamento più insignificante.
Lì Tim non si attendeva sorprese, né ne desiderava. Le esperienze nuove erano sopravvalutate. Farsi travolgere da un autobus sarebbe stata un’esperienza nuova.
Lui preferiva l’abitudine, la routine. Non avrebbe mai corso il rischio di precipitare da una montagna perché non ne avrebbe mai scalata una.
Alcuni dicevano che gli mancava lo spirito d’avventura. E lui considerava una perdita di tempo spiegare loro che le intrepide spedizioni in territori esotici e attraverso mari sconosciuti erano le ambizioni di un poppante in confronto alle avventure che lo aspettavano nella sua testa.
Se avesse detto una cosa del genere, lo avrebbero preso per scemo. Del resto era solo un muratore. Non era previsto che pensasse più che tanto.
Ormai la gente evitava di pensare, specialmente al futuro. Preferiva la sicurezza delle cieche convinzioni ai ragionamenti a occhi aperti.
Altri lo accusavano di essere all’antica. Avevano ragione.
Il passato era ricco di bellezza nota e meritava senz’altro uno sguardo all’indietro. Tim era un uomo che guardava il mondo con animo speranzoso, ma non era abbastanza arrogante da presumere che ci fosse bellezza anche nell’ignoto futuro.
Entrò un tipo interessante. Era alto, anche se non quanto lui, ben piantato ma non imponente.
A renderlo interessante erano i suoi modi più che il suo aspetto. Entrò come un animale con un predatore alle calcagna, guardandosi alle spalle finché la porta non si fu chiusa del tutto e poi esaminando con circospezione il locale come se non si fidasse della sua promessa di rifugio.
Quando il nuovo arrivato si avvicinò e si sedette al bar, Tim si mise a fissare il suo bicchiere come se fosse un sacro calice, nell’atteggiamento assorto di chi medita sul significato profondo del suo contenuto. Assumendo quell’espressione devota offriva agli sconosciuti l’opportunità di fare conversazione senza bisogno di incoraggiarli.
Se le prime parole uscite dalla bocca del nuovo arrivato non fossero state di suo gradimento, Tim si sarebbe presto rifugiato in un silenzio accigliato. Pochi avrebbero insistito ad attaccare bottone quando la sola reazione era di freddo glaciale.
A quell’altare Tim preferiva la silenziosa contemplazione, ma non gli dispiaceva la conversazione del tipo giusto. Solo che il tipo giusto era raro.
Quando si comincia una conversazione, può essere difficile finirla. Ma se è stato l’altro a parlare per primo e a rivelare il suo carattere, lo si può fermare tagliandolo fuori.
Solerte sostentatore dei figli non ancora concepiti, arrivò Rooney. «Cosa le do?»
Lo sconosciuto posò sul bancone una busta voluminosa e vi tenne sopra la mano sinistra. «Magari... una birra.»
Rooney aspettò.
«Sì. Va bene. Una birra.»
«Alla spina?»
«Sì.»
Aveva una voce sottile e tesa come un cavo del telefono, le sue parole erano uccellini appollaiati a rispettosi intervalli, con un’eco sincopata che poteva essere sgomento.
Prima che Rooney tornasse con la birra, aveva già posato i soldi sul banco. «Tenga il resto.»
Un secondo bicchiere era evidentemente fuori questione.
Quando Rooney si fu allontanato, chiuse la mano destra sul bicchiere. Non bevve.

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L’AUTORE
Dean Ray Koontz (Everett, 9 luglio 1945) è uno scrittore statunitense, noto per i romanzi che possono essere indicativamente descritti come suspense thriller, ma che incorporano di frequente elementi di horror, fantascienza, giallo e satira. All'inizio della sua carriera Koontz scrisse usando numerosi pseudonimi, mentre dagli anni ottanta ha pubblicato prevalentemente col proprio nome.
(Fonte: Wikipedia)

CONTATTI
www.deankoontz.com

giovedì 18 aprile 2019

Segnalazione: "La moglie di mio marito" di Olivia Goldsmith



 
TITOLO: La moglie di mio marito
AUTORE: Olivia Goldsmith
GENERE: Narrativa
CASA EDITRICE: Sperling & Kupfer

TRAMA
Supponiamo che un marito di mezza età decida di avere una relazione con una donna che sembra esattamente sua moglie dieci anni più giovane. Supponiamo che lui non si renda conto della stupefacente somiglianza. E supponiamo che sua moglie scopra tutto e, anziché mettersi in competizione con la rivale, si coalizzi con lei meditando una vendetta diabolica. Questa è la storia di Bob, Marla e Sylvie. E delle tre settimane che le due donne trascorrono in una beautyfarm. Sylvie facendo massaggi, yoga, aerobica e dieta ferrea per ringiovanire di dieci anni, e Marla dormendo, rilassandosi e mangiando chili di pasta per sembrare di dieci anni più matura. Per poi entrare l'una nei panni dell'altra.

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giovedì 11 aprile 2019

Segnalazione: "Caos Calmo" di Sandro Veronesi




TITOLO: Caos Calmo
AUTORE: Sandro Veronesi
GENERE: Narrativa
CASA EDITRICE: La nave di Teseo

TRAMA
“Mi chiamo Pietro Paladini, ho quarantatré anni e sono vedovo”. Si presenta così il protagonista di Caos calmo. Un uomo apparentemente realizzato, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni. Ma un giorno, mentre salva la vita a una sconosciuta, accade l’imprevedibile, e tutto cambia. Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, e per lui comincia l’epoca del risveglio. Osservando il mondo dal punto in cui s’è inchiodato, scopre a poco a poco il lato oscuro degli altri, di quei capi, di quei colleghi, di quei parenti e di tutti quegli sconosciuti che, ciascuno sotto il peso del proprio fardello, accorrono a lui e puntualmente soccombono davanti alla sua incomprensibile calma. Così la sua storia si fa immensa, e li contiene tutti, li guida, li ispira. La scrittura avvolgente di Veronesi, la sua danza ininterrotta tra intelletto e parola è la corda con cui Pietro trae a sé il secchio dal fondo del pozzo, piano piano, senza alternative, determinando le condizioni per un finale inaudito, eppure del tutto naturale, in cui si approda alla più semplice delle verità: l’accettazione della natura umana nella sua banale, eroica confusione di forza e debolezza.

ESTRATTO
Il tempo che segue è una specie di fulminea sequenza medianica, senza altra sensazione che quella di essere tutt’uno con mio fratello: le domande su cosa sia successo, il vecchio esanime sul bagnasciuga, l’uomo dai capelli biondi che cerca di rianimarlo, la disperazione di due bambini che gridano “Mamma!”, i volti smarriti delle persone che indicano il mare, le due testoline perse tra le onde, e nessuno che agisce. In quella stasi frenetica si staglia lo sguardo azzurro di Carlo, intenso, carico di una formidabile energia cinetica: quello sguardo dice che per qualche indiscutibile ragione tocca a noi andare a salvare quei due poveretti, e che in realtà è come se l’avessimo già fatto, sì, è come se fosse già tutto finito, e noi due fratelli fossimo già gli eroi di quella marmaglia di sconosciuti, perché siamo creature acquatiche straordinarie, noi, siamo tritoni, e per salvare vite umane possiamo domare le onde con la stessa naturalezza con cui le abbiamo domate per divertirci sulle tavole da surf, e lì attorno altra gente in grado di farlo non ce n’è.
Entriamo in acqua correndo, e ci trasciniamo fin dove frangono le prime onde. Lì ci imbattiamo in uno strano uomo, allampanato e rosso di capelli, intento a gettare goffamente verso il largo una cima cortissima, mentre le persone da salvare distano perlomeno trenta metri. Gli passiamo accanto di slancio, lui ci guarda con occhi che non dimenticherò mai – gli occhi di chi lascia morire la gente – e con voce vigliacca, degna di quegli occhi, tenta di dissuaderci: “Non andate”, sibila, “Rischiate di rimanerci anche voi”. “Ma vaffanculo”, è la risposta di Carlo un attimo prima di tuffarsi sotto un’onda e cominciare a nuotare. Io faccio altrettanto, e, nuotando, vedo in controluce le ombre nere dei muggini filare orizzontalmente lungo il muro verde che si forma ogni volta che un’onda si alza per poi schiantarsi sopra di me: quei pesci fanno il surf, si divertono, come noi pochi minuti fa.
Viste dalla riva le due teste parevano vicine tra loro, ma in realtà sono abbastanza distanti, tanto che a un certo punto io e Carlo dobbiamo separarci: gli faccio cenno di piegare verso quella di destra, mentre io mi butterò su quella di sinistra. Di nuovo mi guarda, sorridendo, poi annuisce, e di nuovo mi sento invincibile; entrambi ripartiamo con forza.
Quando sono abbastanza vicino mi accorgo che si tratta di una donna. Ripenso ai due bambini disperati sulla riva: “Mamma!”. La testa sparisce sott’acqua e ricompare secondo un’imperscrutabile combinazione di forze cui la donna pare ormai del tutto estranea. Le grido di tenere duro e rinforzo le bracciate, mentre una corrente molto forte cerca di trascinarmi da un’altra parte. Quella donna è finita nel bel mezzo di un vortice. Arrivato a un paio di metri da lei comincio a distinguere i suoi lineamenti forti, il naso un po’ schiacciato, alla Julie Christie, ma soprattutto il velo di puro terrore che le è calato sugli occhi: è allo stremo, non riesce neanche a gridare, riesce soltanto a singhiozzare. Le ultime bracciate le faccio a rana, e la raggiungo. Dalle profondità del suo corpo proviene una specie di sinistro gorgoglio, come di lavandino intasato.

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L’AUTORE
Scrittore italiano, fratello del regista Giovanni Veronesi. Ha compiuto i suoi studi nel campo dell'architettura, optando definitivamente per la scrittura a 29 anni. Risale infatti al 1988 il suo primo libro Per dove parte questo treno allegro. Con Gli sfiorati Veronesi inizia a rivelarsi come uno scrittore fantasioso e raffinato. Nel 1992 esce Cronache italiane, raccolta di articoli apparsi per la maggior parte sul supplemento domenicale de il Manifesto negli anni tra il 1988 e il 1991.
Dopo lo studio sulla pena di morte nel mondo (Occhio per occhio), Veronesi scrive Venite, venite B 52 (vincitore del Premio Fiesole nel 1996), con cui si allontana fatalmente dalla narrativa della tradizione italiana, avvicinandosi a certi autori americani della cultura psichedelica, come Thomas Pynchon o Tom Robbins e ponendosi come figura atipica della nostra narrativa. La forza del passato (2000) vince il premio Viareggio e premio Campiello (da cui è poi tratto l'omonimo film di Piergiorgio Gay) e Caos calmo (2005) il premio Strega, poi film nel 2007 diretto da Antonello Grimaldi ed interpretato da Nanni Moretti. Il film è stato in gara al Festival di Berlino 2008. Del 2010 il romanzo XY edito da Fandango, vincitore del Premio Flaiano 2011 e del Premio Superflaiano 2011.
Nel 2011 sempre per Fandango Libri è uscita la raccolta di racconti Baci Scagliati Altrove.
Nel 2012 Fandango ripubblica Gli sfiorati, "Un omaggio a Roma" come lo stesso autore definisce il romanzo da cui è tratto il film omonimo di Matteo Rovere. L'anno successivo esce per Bompiani Viaggi e viaggetti. Finché il tuo cuore non è contento. Del 2014 il romanzo Terre rare (Bompiani), vincitore del Premio Bagutta 2015, in cui ritorna Pietro Paladini, già protagonista di Caos Calmo; del 2015 Non dirlo. Il vangelo di Marco (Bompiani); del 2016 Un Dio ti guarda (La Nave di Teseo).
Ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie. Attualmente collabora con il “Corriere della Sera” e con “La Gazzetta dello Sport”. Ha cinque figli e vive tra Prato e Roma.
(Fonte: http://www.wuz.it/biografia/246/Veronesi-Sandro.html)

CONTATTI
https://twitter.com/sandroveronesi

giovedì 4 aprile 2019

Segnalazione: "Stupide stelle" di Andrea Giachè



 
TITOLO: Stupide stelle
AUTORE: Andrea Giachè
GENERE: Fantasy
CASA EDITRICE: StreetLib Selfpublishing

TRAMA
Stefania è una diciassettenne rassegnata all’idea che nulla cambierà mai. La sua Italia è grigia, appariscente, costosa. È un’Italia di famiglie ferite, di licei che non funzionano, di lavori in nero. Se Stefania non crolla è grazie ai suoi insoliti amici: un ansiolitico, un cavallo e Tommy, l’auto-proclamato protettore della città.
Ma la vita è davvero «così e basta»?
Il Diavolo, chissà come, giunge a Spondai per rubarle il libero arbitrio. Senza, Stefania non può più prendere nemmeno la decisione più elementare. Eppure, se non vorrà perdere tutto ciò che ama, dovrà cercare un modo per recuperarlo. Ma come fare?
Stupide Stelle è una toccante e divertente avventura nella magia, nel mistero e nei meandri dell’animo umano: il racconto di come si può trovare la luce anche nelle tenebre.

ESTRATTO
“Il Diavolo aveva usato una sedia per issarsi sul davanzale del soggiorno. Reggendosi all’infisso, sollevò una gamba alla volta, con evidente fatica, e le lasciò ricadere spenzolanti nel vuoto. Era sudato. Era spossato. Eppure, era felice.
Stefania saltò giù dal divano. «M-mamma?» disse con un filo di voce, troppo flebile perché sua madre la sentisse.
Fu il Diavolo a rispondere. «Senti l’alito profumato del mondo penetrarti i polmoni? Essere vivi, ecco che cos’è.» Puntò l’indice verso le colline di Spondai. «Guarda, Stefania: la bellezza tramuta l’orrore in un sentimento infantile. Poi, però, ricordi, e tutto svanisce.» In un primo momento si accigliò; dopodiché si aggiustò il cravattino rosso e, regalatole un sorriso, aggiunse: «Dove ho messo le buone maniere? Grazie di tutto.»
Accadde proprio ciò che Stefania temeva: il Diavolo si gettò nel vuoto. Lei scattò all’istante, ma quando si affacciò, il vecchio era sparito. Nessun corpo sui balconi, nessun corpo sui tetti delle macchine, nessun corpo sulla strada. D’istinto, Stefania guardò in alto. Un gabbiano volava rasente la cappa grigia.”

DOVE TROVARLO (NEGOZI PRINCIPALI)
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L’AUTORE
Andrea Giachè (12 dicembre 1988) nasce a Loreto e abita da sempre a Porto Recanati.
Sin da piccolo coltiva la passione per la scrittura. Durante il liceo si improvvisa giornalista sportivo e per anni racconta la Formula 1 sul web. Nel 2008 le sue abilità divulgative gli regalano un posto come telecronista a Cartapiù La7. È appassionato di automobilismo, di astronomia e di mitologia.