TITOLO: Oltre la barriera
AUTORE: Filippo Mammoli
GENERE: Thriller
CASA EDITRICE: Dark Zone
TRAMA
Pena di morte per omicidio di
primo grado: è questo il verdetto che emette il tribunale di Lafayette, in
Louisiana, contro il ricercatore italiano del MIT Lorenzo Rossi. Nell'angoscia
dei giorni senza speranza trascorsi nel braccio della morte, Lorenzo ottiene
dal fanatico direttore del penitenziario, Carl Sain, di poter scrivere un
diario. Ma quando Susan Taylor, la moglie di una delle guardie carcerarie, si
imbatte per caso in quelle pagine, capisce che qualcosa non torna.
E comincia un'indagine personale
che la porterà a svelare i contorni inquietanti di una storia dove scienza e
pregiudizio si intrecciano in un gioco pericolosissimo.
Finirà così per scoprire i
dettagli di un esperimento scientifico mai tentato prima, un'esperienza
rivoluzionaria destinata a spostare gli equilibri tra la vita e la morte.
Improvvisandosi detective per ingaggiare un'avvincente lotta contro il tempo,
Susan spera di recidere il cappio che si stringe ogni giorno di più intorno al
collo del fisico italiano.
ESTRATTO
Mi rendo conto che sto scrivendo in modo compulsivo, ma non ho nessun
obiettivo particolare da conseguire, non lo sto facendo per nessuno e non mi
prefiggo alcuno scopo. Devo scrivere e basta. Lo devo a me stesso, a quello che
sono adesso e che sono sempre stato. Lo devo ai miei genitori e a quello che mi
hanno insegnato. Lo devo alla scienza, che ha ispirato e guidato come un faro
tutte le mie azioni e i miei convincimenti.
«Speranza», qui dentro, è una parola vuota, un suono spogliato di ogni
significato e questo lo si percepisce appena si intravedono in lontananza i
confini della prigione, delimitati da un’alta rete elettrificata sormontata da
filo spinato.
Questa immagine ha richiamato subito alla mia mente i campi di sterminio
nazisti di Auschwitz o Mauthausen. La mia tenacia mi vieta di arrendermi e la
storia mi insegna che alcuni sono usciti vivi, anche se malconci, persino da
quei luoghi dell’orrore. Devo impormi di fare tutto il possibile per restare in
vita e presente a me stesso fino al giorno dell’esecuzione.
La mia cella, come del resto quella di ogni altro detenuto nel braccio
della morte all’Angola, è una stanza rettangolare di circa due metri per tre,
con un letto, un tavolino, una sedia e un gabinetto. La sensazione di
soffocamento è resa ancor più pressante dal caldo insopportabile. L’aria
condizionata è un lusso che non viene concesso ai detenuti. La cella prende
luce da un minuscolo oblò situato nella parte alta della parete di fondo,
quella opposta alla porta. È un cerchio di una ventina di centimetri di
diametro, senza sbarre perché troppo piccolo per essere attraversato, e chiuso
da un vetro anti proiettili di circa dieci centimetri di spessore.
La luce che filtra non è molta; soprattutto perché, come ho dedotto,
deve essere orientata a nord-est. L’illuminazione risulta accettabile e
sufficiente per scrivere solo la mattina ed è per questo che alle prime luci
dell’alba, meno di un’ora fa, è arrivata alla porta della mia cella una guardia
carceraria, un uomo poco più giovane di me, che mi ha consegnato una cassetta
chiusa con un lucchetto che aveva la chiave infilata dentro. Mi ha detto che
sarebbe passato lui stesso a riprenderla un’ora più tardi. Dentro c’erano
cinquanta fogli bianchi formato A4, e una biro nera.
Nient’altro.
Potrebbe sembrare poca cosa, ma per me è una piccola, grande conquista.
È più di quanto abbia osato sperare in questo lunghissimo mese, in cui ho messo
al bando ogni speranza. Solo adesso mi accorgo che questo è il primo segno di
rinuncia alla vita. Ora capisco che quanto più le circostanze e le disavventure
ci spingono in basso, tanto più si deve pretendere da se stessi di volare in
alto.
Ritengo improbabile poter scrivere ancora dopo che avrò consegnato
queste prime pagine al direttore. Sarà difficile che possa tener fede al suo
proposito di evitare la censura, anche se penso fin qui di non aver scritto
niente di compromettente o di offensivo sulla sua rigida morale cristiana. Non
posso davvero sapere se queste parole risuoneranno mai nella testa di qualcuno,
se occhi umani faranno scorrere lo sguardo su queste righe. Ma io ho bisogno di
pensare che ci sarà, presto o tardi, un pubblico disposto ad ascoltare se non a
comprendere questo mio soliloquio disperato.
Sento i passi della guardia che si avvicinano alla mia cella, credo
proprio che il mio tempo per oggi sia scaduto.
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L’AUTORE
Filippo Mammoli ha cominciato ad approcciarsi nel mondo della
letteratura a vent’anni, con delle poesie grazie alle quali ha anche vinto
alcuni premi letterari.
Ha all’attivo altri romanzi.
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