TITOLO: La donna del ritratto
AUTORE: Kate Morton
GENERE: Narrativa
CASA
EDITRICE: Speling & Kupfer
TRAMA
Nell’estate
del 1862, un gruppo di giovani artisti si riunisce a Birchwood Manor, una
grande casa nella campagna dell’Oxfordshire, quasi protetta dentro un’ansa del
Tamigi. A guidare il gruppo è Edward Radcliffe, il più appassionato e
promettente di loro, un ragazzo di vent’anni, che non conosce limiti. A lui è
venuta l’idea di immergersi nella natura per i successivi trenta giorni,
lontano dai condizionamenti di Londra e dalla sua formalissima society, per
dare libero sfogo alla creatività. E invece, alla fine di quel mese, la
tragedia ha stravolto le loro esistenze: una donna è stata uccisa, un’altra è
sparita nel nulla e un prezioso gioiello è scomparso.
Più
di centocinquanta anni dopo, Elodie Winslow, una giovane archivista di Londra,
scopre per caso una borsa di cuoio nella quale si trovano due oggetti che la
colpiscono profondamente: la fotografia sbiadita di una bellissima giovane
donna in abiti vittoriani e l’album da disegno di un artista. Nel quale spicca
lo schizzo di una grande casa protetta dall’ansa di un fiume, che a Elodie pare
stranamente famigliare. Quali segreti nasconde Birchwood Manor? Chi è la
ragazza? Per scoprirlo, Elodie dovrà seguire una voce fuori dal tempo,
dimenticata dalla storia eppure testimone di tutto: Birdie Bell, la donna del
ritratto.
ESTRATTO
Ci eravamo trasferiti a Birchwood Manor
perché, a detta di Edward, era infestata dagli spettri. Non era vero, non
ancora, ma solo gli sciocchi permettono alla verità di guastare una bella
storia, e Edward era tutt’altro che sciocco. La sua passione, la fede cieca
nelle sue convinzioni, era uno dei motivi per cui mi ero innamorata di lui.
Aveva il fervore di un predicatore: qualunque opinione esprimesse diventava una
verità assoluta. Attirava le persone come una calamita, accendendo in loro
entusiasmi che non sapevano nemmeno di possedere e facendo sbiadire tutto sullo
sfondo, tranne lui e le sue certezze.
Ma Edward non era un predicatore.
Mi ricordo di lui. Ricordo ogni cosa.
L’atelier con il lucernario nel giardino
londinese di sua madre, l’odore dei pigmenti appena mescolati, il fruscio del
pennello sulla tela, il suo sguardo che mi accarezzava la pelle. Ero nervosa,
quel giorno. Volevo fare buona impressione, apparire diversa da ciò che ero,
mentre i suoi occhi scorrevano sul mio corpo e l’avvertimento della signora
Mack mi risuonava nelle orecchie: «Tua madre era una vera signora, non
dimenticarlo mai, e tu discendi da una famiglia altolocata. Gioca bene le tue
carte e tutto andrà a buon fine».
Così raddrizzai le spalle, sedendo
composta sulla poltroncina di palissandro nella stanza intonacata di bianco,
dietro la siepe fiorita di cicerchia odorosa.
* * *
La sorella più piccola mi portò il tè e
un dolce per merenda, e dal sentiero del giardino arrivò anche la madre di
Edward, per guardarlo lavorare. Lo adorava. In lui vedeva realizzate tutte le
speranze della famiglia. Membro illustre della Royal Academy, promesso sposo di
una giovane facoltosa e futuro padre di una frotta di eredi dagli occhi scuri.
Decisamente, non un uomo per me.
Sua madre si è considerata responsabile
di quanto è poi accaduto, ma non avrebbe potuto tenerci lontani, non più di
quanto avrebbe potuto impedire al giorno di seguire la notte. Lui mi chiamava
la sua musa, il suo destino. Diceva di averlo capito la prima volta in cui mi
aveva vista, quando gli ero comparsa davanti nel bagliore incerto delle lampade
a gas, nel foyer del teatro in Drury Lane.
Ero la sua musa, il suo destino. E lui
era il mio.
È stato tanto tempo fa, è stato ieri.
Oh, ricordo bene l’amore.
Questo è il mio angolo preferito, a metà
della scalinata principale.
È una casa strana, costruita apposta per
disorientare. Scale che svoltano all’improvviso, tutte spigoli e gradini
irregolari; finestre mai allineate, da qualunque prospettiva le si guardi;
nicchie impensate sotto le assi del pavimento e dietro i pannelli dei muri.
In quest’angolo c’è un tepore quasi
innaturale. Lo notammo tutti, al nostro primo arrivo, e nelle settimane
d’estate ci ingegnammo a turno a indovinarne la causa.
Ho impiegato parecchio, ma alla fine ho
scoperto la verità. Ormai conosco questo posto meglio di me stessa.
Per convincere gli altri, Edward non
parlò della casa, ma della luce. Dagli abbaini del solaio, nelle giornate
limpide, si vede oltre il Tamigi fino ai rilievi del Galles. Una distesa di
malva e verde, bianche rupi di gesso che si ergono verso le nubi e l’aria calda
che sfuma i contorni del paesaggio e li rende iridescenti.
Fu questa la sua proposta: un intero
mese estivo dedicato alla pittura, alla poesia e ai picnic, ai racconti, alla
scienza, all’invenzione. Un mese di luce donata dal cielo. Lontani da Londra e
da ogni sguardo indiscreto. Ovvio che gli altri non avessero esitato. Edward
avrebbe potuto convincere anche il diavolo a pregare.
DOVE
TROVARLO (NEGOZI PRINCIPALI)
Mondadori
Feltrinelli
IBS
Kobo Store
Amazon
L’AUTORE
Kate Morton, australiana, si è laureata
con una tesi sulla tragedia nella letteratura vittoriana e si è a lungo
dedicata al tema del gotico nel romanzo contemporaneo. A ventinove anni ha
scritto il primo romanzo, che ha ottenuto subito grande successo in tutto il
mondo. I suoi libri – tutti ai vertici delle classifiche dei bestseller
internazionali – sono pubblicati in 42 Paesi e hanno venduto dieci milioni di
copie. L’autrice vive con la famiglia tra Londra e Brisbane.
CONTATTI
http://www.katemorton.com/