TITOLO: Giallo interioria
AUTORE: Nicola Skert
GENERE: Giallo
CASA
EDITRICE: Amazon
TRAMA
Mattina.
Il telefono trilla e risveglia Luca Kaska, ispettore di polizia. Ma non è un
risveglio come gli altri. È traumatico. Già, perché non è facile risvegliarsi
con la testa che scoppia, una pistola in mano e il cadavere di una donna
accanto con un foro di proiettile sulla fronte. Non è facile soprattutto quando
si è ispettore di polizia e il cadavere appartiene a Nat, la sua ex moglie. È
la prima volta che la rivede dopo anni, ovvero da quando aveva deciso senza
alcun preavviso di abbandonarlo e fuggire con un altro uomo. Una storia come
tante, fino a quel giorno. Per l’ispettore Kaska è il passaggio istantaneo da
una vita tranquilla in una cittadina di provincia a un incubo dal sapore
surreale. E l’inizio della sua indagine più difficile. Sa che non l’ha uccisa
ma che tutte le prove portano a lui. Chi l’ha voluto incastrare e perché? Chi
ha portato Nat nel suo letto è l’ha uccisa? Unico indizio, l’avvenente donna
dal caschetto rosso che l’aveva adescato la sera precedente...
ESTRATTO
Nat. La mia ex-moglie. Era la prima
volta che la rivedevo da anni.
Quello che più mi sorprese, oltre alla
pistola che stringevo in mano, fu quel piccolo foro nella fronte, perfettamente
circolare, dalle cui profondità era fuoriuscito un piccolo rigagnolo di sangue
rappreso. Nat portava la testa leggermente girata verso di me e quel piccolo
rigagnolo, seguendo un percorso irregolare lungo la tempia, era andato a
impiastricciare i lunghi capelli biondi adesi al cuscino intriso di sangue. Mi
fissava con la tipica, fastidiosa e inespressiva insistenza della morte da
quelle profonde pupille scure, profonde quanto il terzo occhio che si era
scavato il suo posto nella faccia. Per il resto, il suo bel viso non pareva
aver risentito un granché del colpo. Era quasi rilassato, trovai lì per lì.
Nessun segno di sofferenza, benché fosse rivestito da un pallore ovviamente
mortale e da quel paio di labbra bluastre, ormai buone solo per baciare la
morte.
D’altronde, la pistola che stringevo
ancora in stato catatonico rivelava dal diametro della canna di possedere un
piccolo calibro. Piccolo come una caramella avvelenata con cui addolcire il
trapasso di Nat. Era penetrata nella sua fronte senza devastarne la calotta
cranica cercando una via d’uscita dalla nuca. Rimase intatta, uno scrigno che,
al posto di un tesoro, custodiva nel cuscinetto di materia cerebrale morta un
piccolo proiettile. Aveva risucchiato nella sua anima di metallo quella della
mia ex-moglie, con il suo carico di ricordi ed emozioni, riducendola a un
ammasso organico avviato lungo il piano inclinato della decomposizione.
Rimasi paralizzato a lungo, il busto
leggermente sollevato dal letto e inclinato su quel corpo morto che conoscevo,
conoscevo fin troppo bene. Quel proiettile, oltre nella sua testa, sembrava
essersi conficcato negli ingranaggi del mio orologio biologico. Congelandomi
lì, in quell’ansa temporale, costretto a osservare uno spettacolo incredibile e
tremendo. E come potevo capacitarmi di ritrovarla lì, sul mio letto, al
risveglio, con un colpo di proiettile conficcato nella testa! Che cazzo
pretendi!
«Non -non è possibile!» riuscii a
malapena a balbettare, infatti.
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Giunti al Punto
L’AUTORE
Nascere. Si nasce tante volte nella
vita. Si muore altrettante più una. La prima volta sono nato 28 anni prima
della conclusione del secolo scorso. Dopo un breve soggiorno in ospedale fui
riportato nel luogo, che da allora mi divenne natale, dove i miei genitori
risiedevano. Un totale di sei abitazioni, comprese quelle che da sole
tracciavano l’ideale linea di demarcazione politica con uno stato che abbiamo
ripetutamente, furbamente e fortunatamente, abbindolato nel corso di due guerre
mondiali. Dopo alcuni anni mi trasferii in un paese di cinquecento anime che a
confronto mi sembrava una metropoli di teppisti. Fui condotto lungo un normale
percorso scolastico, frequentai un istituto tecnico locale per poi tuffarmi in
una città di mare dove concludere studi universitari che si pretendono
scientifici. Portavo ancora quei bei capelli lunghi di cui andavo tanto ma
tanto orgoglioso, credevo ancora che l’università fosse una istituzione seria e
che tutti eravamo nati con una importante missione sulle spalle da compiere.
Dopodiché mi sono incarnato, in parte consapevolmente in parte no, nel bizzarro
spirito del nostro tempo andando a impersonare il tipico essere umano medio del
terzo millennio. Quel millennio dove tutti si credono artisti e spacciano la
propria arte, una droga endogena con cui tollerare la dipartita dalle certezze
e l’esigenza di esserci. Sempre e ovunque, per non sentirsi morti.
Nicola Skert vive a Udine. Laureato in
biologia, dottore di ricerca, oltre ad alcuni articoli scientifici ha
pubblicato Pus Underground (Montag Edizioni, 2010), Racconti PET (Pulp Erotic
Trash), vol. 1 (Lettere Animate Edizioni, 2013), Hitorizumo (Minerva Edizioni,
2013). Suoi racconti sono comparsi nelle antologie Voglio un racconto
spericolato (Damster Edizioni, 2011) e Nero 13 (Libra Edizioni, 2012). Fa parte
del progetto Sugarpulp.
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