TITOLO: Nel tuo nome
AUTRICE: Francesca A. Vanni
CASA
EDITRICE: StreetLib Selfpublishing
BIOGRAFIA
Francesca A. Vanni è lo pseudonimo di
Marta B., nata in provincia di Milano nel 1984.
Laureata in Scienze della Formazione, ha
impiegato gran parte del suo tempo nello studio della Storia, in particolar
modo quella relativa all’antica Roma, e della Cinematografia, soprattutto nell’ambito
della fantascienza.
A una delle sue più grandi passioni, la
saga di Star Wars, ha dedicato la Tesi di Laurea Triennale “Dal cinema alla
realtà: l’inarrestabile evoluzione della tecnologia nella saga di Star Wars.”
(anno 2006).
All’attività della scrittura affianca
anche quella delle traduzioni.
TRAMA
-Tu...-
Antinoo
gemette, coprendo il suono della sua voce.
Avvertì
il sapore metallico del sangue in bocca e la vista gli si appannò.
-La
tua sarà una morte rapida, te lo prometto.- disse Quinto girando la lama nella
ferita, prima di aggiungere –Mi dispiace tanto, ragazzo mio, ma ciò che ho
fatto è solo lavoro. Non ho niente contro di te. Questa notte non mi ha
regalato alcuna gioia.-
Lo
guardò in viso, cercando di capire se avesse compreso il senso delle sue
parole.
Ciò
che vide lo atterrì.
Cos’è
successo quella notte lungo le rive del Nilo?
Quale
sorte riserverà il destino al giovane Antinoo, il bellissimo amante
dell’Imperatore Adriano?
Fra
le pagine del suo nuovo romanzo Francesca A. Vanni costruisce una storia dentro
la Storia, immaginando “cosa sarebbe successo se...” in un avvincente
susseguirsi di eventi che terranno il lettore con il fiato sospeso.
ESTRATTO
Sicut
umbra dies nostri.
(proverbio
latino)
Bitinia.
Eccomi a casa, pensò Adriano.
Davanti ai suoi occhi si stendeva
languida la mitologica terra situata al confine fra la Grecia e le province più
orientali del vasto Impero nato dal sangue che i romani avevano valorosamente
versato decenni prima della sua ascesa al potere.
La Bitinia era una terra le cui origini
risalivano al tempo lontano e dorato delle capricciose divinità.
C’era chi diceva che fosse stata
conquista da Bisoyo, il valoroso figlio del dio Ares e di una vergine di nome
Seta, altri invece ne attribuivano le origini a Bitino, uno dei tanti eroi
generati dai frementi lombi di Zeus.
Tutto ciò che Adriano poteva affermare
con sicurezza era che la perfezione del Fato trovava la sua più completa
espressione in quel lenzuolo di terra lambito dalla distesa infinita del mare
che, insieme al paziente lavoro del vento e al lento scorrere dei fiumi, ne
aveva plasmato i contorni a volte dolci e a volte aspri, accarezzati dai raggi
del sole che come un artista capriccioso giocava a disegnare incantevoli
labirinti di luci e ombre lungo i declivi dei colli e poi giù a correre fra le
ampie valli fino a toccare i profili rocciosi delle montagne, ricoperte lungo i
fianchi dalla fitta vegetazione e imbiancate sulle cime dalle nevi perenni, che
si ergevano maestose e imponenti in lontananza stagliandosi come giganti
silenziosi contro l’azzurro limpido del cielo estivo.
Adriano socchiuse gli occhi e respirò a
fondo le essenze trasportate dalla fresca e lieve brezza che accarezzava la sua
figura, un profumo intenso di resina e fiori che aveva imparato ad associare a
quel luogo di infinita bellezza.
E di fiori colorati facevano bella
mostra le dolci colline che in quel momento Adriano stava attraversando a
cavallo assieme alla sua scorta. Quei colli sembravano ai suoi occhi delle
matrone intente a sfoggiare elaborate acconciature e splendenti gioielli.
Erano diretti alla volta di Claudiopoli,
la città che un tempo veniva chiamata Bitinio, almeno fino al giorno in cui
l’Imperatore Claudio aveva deciso di cambiarle nome per autocelebrare il suo
potere, un’usanza molto in voga fra gli Imperatori che si era tramandata di
dinastia in dinastia.
Adriano lasciò di nuovo spaziare lo
sguardo lungo i clivi: gialli asfodeli, gladioli rosa e viola e azzurri muscari
si rincorrevano silenziosi fra il verde dell’erba, creando una mescolanza di
colori vivaci degni di essere immortalati dalle mani dei migliori artisti
dell’Urbe.
Anche quella era la Bitinia, l’ultima
provincia della Grecia, un luogo che Adriano amava ricordare e spesso aveva
rievocato nella sua mente durante gli anni dell’assenza.
Quanto tempo era trascorso, pensò
malinconico, dall’ultima volta che il suo sguardo si era posato su quello
spettacolo di commovente bellezza e sulle acque del lago Ascanio che stava
costeggiando in quel preciso istante, una superficie d’acqua così chiara e
limpida da trasformare il cielo in un novello Narciso desideroso di
specchiarvisi.
Tanto, troppo tempo, considerò.
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